Quali tipi di interventi mininvasivi sono ad oggi disponbili
La tecnica urolift per la prostatasi realizza con il paziente leggermente sedato: si entra nell'uretra attraverso un cistoscopio, quindi si inseriscono speciali device che possiamo paragonare a delle mollette che vengono posizionati sulla prostata per stringerne i lobi e ridurre la pressione della ghiandola sul canale urinario. Bastano dai 15 ai 30 minuti, spesso il paziente può rientrare a casa già in mattinata, a differenza della chirurgia che richiede 3-5 giorni di degenza. In pratica il tempo di ripresa delle attività quotidiane è azzerato se comparato all’intervento di rimozione della prostata.
iTind è un trattamento sicuro e clinicamente comprovato che dà sollievo dai sintomi a carico del basso tratto urinario, dovuti a prostata ingrossata o IPB. Il trattamento rimodella l’anatomia dell’uretra prostatica, creando delicatamente nuovi canali per consentire all’urina di scorrere liberamente. Il trattamento è rapido, semplice e non presenta nessuna delle complicanze associate a farmaci da prescrizione, interventi chirurgici o impianti permanenti. Sviluppato per soddisfare le esigenze dei pazienti attivi, questo trattamento della durata di cinque giorni riduce al minimo il periodo di inattività e non compromette la funzione sessuale.
L’ablazione avviene sotto guida ecografica ed è possibile monitorarla in tempo reale, AquaBeam consente la pianificazione chirurgica e la mappatura della prostata consente una resezione controllata e precisa della prostata con un flusso di soluzione salina ad alta velocità e pressione. In termini di risultati funzionali l’acquablazione è molto simile alle metodiche fino ad oggi più utilizzate ma permette di abbattere nettamente i tempi d’intervento ed i rischi sulla continenza connessi. Inoltre è la tecnica ad oggi più efficace per il mantenimento della eiacuzione.
L’embolizzazione delle arterie prostatiche (EAP) è una procedura non chirurgica che consiste nell’occlusione dei vasi sanguigni che nutrono la ghiandola prostatica al fine di provocarne la riduzione delle dimensioni. Viene eseguita dal radiologo interventista che attraverso la puntura di un vaso arterioso (es. l’arteria femorale, come avviene per la coronarografia) e l’utilizzo di particolari sonde raggiunge le arterie della prostata per iniettare in maniera selettiva delle micro-particelle. L’obiettivo della procedura è ottenere l’occlusione delle arterie prostatiche per far si che il sangue non riesca più a raggiungere la prostata provocando la necrosi (morte dei tessuti) della porzione ipertrofica (adenoma).
L’embolizzazione selettiva viene già utilizzata da anni in altri contesti clinici come ad esempio nella terapia dei fibromi uterini o per il trattamento di particolari malattie del rene.
L’EAP è stata eseguita per la prima volta nel 2009 e fino ad oggi sono stati eseguiti nel mondo circa 200 casi, principalmente in due centri, uno portoghese e uno brasiliano. Anche in Italia è stato recentemente eseguito il primo caso di EAP.
La procedura viene eseguita in anestesia locale e comporta un minimo disagio per il paziente che deve rimanere in osservazione solo qualche ora prima di poter lasciare l’ospedale. E’ particolarmente indicata per quei pazienti che, per varie ragioni, hanno un elevato rischio chirurgico e non possono essere sottoposti ad anestesia generale o spinale.
Questa tecnica è risultata promettente ma è richiesta ulteriore ricerca clinica. Anche se negli studi su animale è stato dimostrato che l’EAP provoca una drastica riduzione delle dimensioni della prostata, è necessario capire se questo si traduce in un miglioramento dei sintomi minzionali dei pazienti.
L’EAP è una procedura tecnicamente difficile da eseguire, e richiede personale con notevole esperienza, materiali dedicati e apparecchiature radiologiche angiografiche di ultima generazione. Va considerato il rischio di occlusione di arterie che nutrono la vescica con conseguente danneggiamento della parete vescicale. Inoltre l’obiettivo di embolizzazione bilaterale delle arterie prostatiche non è sempre perseguibile, considerata la notevole variabilità dell’anatomia vascolare della pelvi.
Il Rezum viene eseguito in anestesia locale associata a una piccola sedazione. Durante l’intervento viene iniettato del vapore per nove secondi all’interno della prostata, a intervalli di un minuto. Per farlo, viene adoperato un tubicino sottile inserito nell’uretra. Lo scopo è quello di eliminare parte del tessuto prostatico e ridurre le dimensioni della ghiandola.