Posizione ufficiale della SIU sulla questione PSA
Pubblicata il 30.03.09
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IL PSA INUTILE? CHI DICE QUESTO METTE A RISCHIO DELLE VITE.
Il test del PSA riduce del 20% la mortalità nei pazienti colpiti da tumore alla prostata, e consente di diagnosticare forme molto precoci, per le quali è possibile attuare trattamenti definitivi riducendo gli effetti collaterali.
"In questi giorni sono emerse notizie discordanti e pericolose per la salute degli uomini italiani - dichiara preoccupato Vincenzo Mirone, Ordinario di Urologia presso l’Università Federico II di Napoli e Presidente della Società Italiana di Urologia - ed è importante fare chiarezza su questo punto: il PSA, un semplice esame del sangue, può salvare delle vite. Non bisogna cadere nell’errore di mettere a confronto il tumore della prostata con altre forme di tumore (mammella, polmone, colon retto), che hanno un andamento biologico e clinico completamente differente".
"La possibilità di effettuare uno screening efficace - prosegue Mirone - apre la strada alla diagnosi sempre più precoce di forme tumorali che possono essere curate con successo con l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale, senza esporre il paziente agli effetti collaterali delle terapie aggiuntive necessarie nelle forme più avanzate (radioterapia, ormonoterapia, chemioterapia).
Inoltre, il fatto che si possano individuare tumori prostatici in stadio molto iniziale, dà la possibilità di comprendere se queste forme di tumore vanno trattate immediatamente oppure osservate nel tempo, per non esporre i pazienti agli effetti collaterali delle terapie".
Il PSA dunque come arma per proteggere la propria salute: per una corretta prevenzione devono effettuare il test del PSA gli uomini di età superiore ai 50 anni, almeno una volta l’anno, e associarlo sempre ad una visita di controllo da un urologo.
Questo tipo di indicazione è ancora più assoluta in persone che hanno avuto casi di tumore alla prostata in famiglia: per loro lo screening va iniziato all’età di 45 anni.
Gli studi scientifici
Nel numero di marzo della prestigiosa rivista scientifica internazionale, The New England Journal of Medicine, sono stati pubblicati i risultati di un importantissimo studio epidemiologico che ha analizzato l’importanza del PSA come marcatore precoce del tumore alla prostata, chiamato ERSPC (European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer).
I risultati sono stati presentati dal Prof. Schroeder dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam nel corso del XXIV Congresso della Società Europea di Urologia (EAU) che si è chiuso sabato a Stoccolma, al quale hanno partecipato più di 12 mila urologi provenienti da tutto il mondo. Il Comitato scientifico della SIU ha invitato il Prof Schroeder a tenere una relazione durante il prossimo Congresso nazionale che si svolgerà a Rimini dal 4 al 7 ottobre, il quale ha accettato con entusiasmo l’invito.
Questo studio ha coinvolto circa 182.000 soggetti di età compresa fra 50 e 74 anni, provenienti da 8 paesi europei (Belgio, Finlandia, Francia, Italia, Olanda, Svizzera, Spagna e Svezia), che sono stati suddivisi in due gruppi di studio (uno con effettuazione del dosaggio del PSA, l’altro con semplice osservazione nel tempo), con un tempo medio di osservazione di ben 12 anni.
I risultati dello studio ERSPC hanno inoltre ridotto il valore soglia di allarme del PSA a 3 ng/ml, quindi più basso rispetto al valore di 4 ng/ml considerato fino ad oggi il valore limite.
E' previsto che i tempi di osservazione dei soggetti coinvolti nello studio siano ulteriormente prolungati, in modo da confermare e rendere ancor più significativi i risultati clinici finora ottenuti. Infine gli autori stanno per completare l’analisi di tutti i dati relativi alla qualità di vita e al rapporto costo-beneficio dello screening, in modo che si possa definitivamente determinare l’appropriatezza e l’utilità di programmi di prevenzione su larga scala da adottare a livello nazionale.
Il test del PSA riduce del 20% la mortalità nei pazienti colpiti da tumore alla prostata, e consente di diagnosticare forme molto precoci, per le quali è possibile attuare trattamenti definitivi riducendo gli effetti collaterali.
"In questi giorni sono emerse notizie discordanti e pericolose per la salute degli uomini italiani - dichiara preoccupato Vincenzo Mirone, Ordinario di Urologia presso l’Università Federico II di Napoli e Presidente della Società Italiana di Urologia - ed è importante fare chiarezza su questo punto: il PSA, un semplice esame del sangue, può salvare delle vite. Non bisogna cadere nell’errore di mettere a confronto il tumore della prostata con altre forme di tumore (mammella, polmone, colon retto), che hanno un andamento biologico e clinico completamente differente".
"La possibilità di effettuare uno screening efficace - prosegue Mirone - apre la strada alla diagnosi sempre più precoce di forme tumorali che possono essere curate con successo con l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale, senza esporre il paziente agli effetti collaterali delle terapie aggiuntive necessarie nelle forme più avanzate (radioterapia, ormonoterapia, chemioterapia).
Inoltre, il fatto che si possano individuare tumori prostatici in stadio molto iniziale, dà la possibilità di comprendere se queste forme di tumore vanno trattate immediatamente oppure osservate nel tempo, per non esporre i pazienti agli effetti collaterali delle terapie".
Il PSA dunque come arma per proteggere la propria salute: per una corretta prevenzione devono effettuare il test del PSA gli uomini di età superiore ai 50 anni, almeno una volta l’anno, e associarlo sempre ad una visita di controllo da un urologo.
Questo tipo di indicazione è ancora più assoluta in persone che hanno avuto casi di tumore alla prostata in famiglia: per loro lo screening va iniziato all’età di 45 anni.
Gli studi scientifici
Nel numero di marzo della prestigiosa rivista scientifica internazionale, The New England Journal of Medicine, sono stati pubblicati i risultati di un importantissimo studio epidemiologico che ha analizzato l’importanza del PSA come marcatore precoce del tumore alla prostata, chiamato ERSPC (European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer).
I risultati sono stati presentati dal Prof. Schroeder dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam nel corso del XXIV Congresso della Società Europea di Urologia (EAU) che si è chiuso sabato a Stoccolma, al quale hanno partecipato più di 12 mila urologi provenienti da tutto il mondo. Il Comitato scientifico della SIU ha invitato il Prof Schroeder a tenere una relazione durante il prossimo Congresso nazionale che si svolgerà a Rimini dal 4 al 7 ottobre, il quale ha accettato con entusiasmo l’invito.
Questo studio ha coinvolto circa 182.000 soggetti di età compresa fra 50 e 74 anni, provenienti da 8 paesi europei (Belgio, Finlandia, Francia, Italia, Olanda, Svizzera, Spagna e Svezia), che sono stati suddivisi in due gruppi di studio (uno con effettuazione del dosaggio del PSA, l’altro con semplice osservazione nel tempo), con un tempo medio di osservazione di ben 12 anni.
I risultati dello studio ERSPC hanno inoltre ridotto il valore soglia di allarme del PSA a 3 ng/ml, quindi più basso rispetto al valore di 4 ng/ml considerato fino ad oggi il valore limite.
E' previsto che i tempi di osservazione dei soggetti coinvolti nello studio siano ulteriormente prolungati, in modo da confermare e rendere ancor più significativi i risultati clinici finora ottenuti. Infine gli autori stanno per completare l’analisi di tutti i dati relativi alla qualità di vita e al rapporto costo-beneficio dello screening, in modo che si possa definitivamente determinare l’appropriatezza e l’utilità di programmi di prevenzione su larga scala da adottare a livello nazionale.